Si trovava in un periodo in cui molte persone che incontrava , che semplicemente attiravano la sua attenzione ,sul tram o in metropolitana, parlavano di rapporti .Ognuno aveva la sua frase saggia che raccomandava all’altro ,con una bella pacca sulla spalla, con la predizione di chi già sa tutto perché ha vissuto l’impossibile .l’altro non sa perché non ha vissuto per niente. Poi il suo sguardo si posò su una coppia di amiche e focalizzo’ l’attenzione su di una frase che una delle due disse quasi come se ne fosse realmente convinta: il segreto nelle relazioni è non avere aspettative. L’altra abbassando lo sguardo le rispose: è vero, hai pienamente ragione. Lui resto’ perplesso, anzi, passava il tempo è quella frase lo rendeva irrequieto e sentiva dentro di se’ una strana spinta salire. No lui non era per nulla d’accordo. Quando incontri qualcuno la prima reazione è l’aspettarsi il saluto, un sorriso; se conosci per la prima volta qualcuno e la conoscenza è interessante e L’ interesse è reciproco ci si aspetta di approfondire; se qualcuno parla e lusinga qualcuno, quest’ultimo si aspetta che le parole saranno poi supportate da un comportamento adeguato. Secondo lui qualsiasi tipo di relazione anche la più superficiale, anche quella con il negoziante di fiducia, col portiere, ecc prevede necessariamente delle aspettative. Dove andava a finire la parte umana, quella sensazione, quella istintiva se ognuno non avesse avuto più aspettative? Anche l’uccello che cova le sue uova si aspetta che il maschio procuri il cibo per entrambi…. È’ vero che siamo avanti, siamo nell’epoca degli amici e degli amori vissuti in webcam, ma anche lì , si aspetta che l’altro accendi la cam e si faccia vivo, penso’, restando perplesso ancor di più è una domanda lo assalì….e se dietro questa ‘profonda’ saggezza si rilevava invece una profonda incapacità di sostenere un legame? E se l’assenza di aspettativa aveva solo il fine di mascherare un narcisismo superficiale e mirante esclusivamente al benessere soggettivo?……rdn
Aveva la sensazione….
Aveva la sensazione di essere perennemente su un tappeto mobile, di quelli che si trovano negli aeroporti dove senza muoverti ti porta dritto tra i cieli. Per lui non era una sensazione di comodità, a lui non piaceva stare fermo ed aspettare di arrivare, ma voleva arrivare muovendosi; invece si sentiva camminare immobile visto, osservato, apprezzato a tratti inviadato, colpito dai tanti sguardi ma nessuno di questi riusciva a catturarlo. La sensazione precisa era quella di essere diventato inafferrabile. Perché? Era troppo distante? Nessuno riusciva ad essere colpito pur se ammirato? Era a causa della solito è ossessiva idea di far ‘paura’? Intanto, il tappeto lentamente andava e lo portavo avanti e gli altri lo vedevano, qualcuno si girava è sempre più sentiva di essere inafferrabile, eppure quanto sentiva necessario, vitale per se essere catturato, intrappolato, ma poi la solita difficoltà lo invadeva, quella di respirare, si sentiva improvvisamente oppresso. Aveva nello stesso momento il bisogno di essere afferrato, ma anche una disturbante sensazione di oppressione. Era umano, la paura di lasciarsi andare probabilmente era ancora presente in lui è ciò causava là sentimenti contrastanti, bipolari che se da un lato lo confondevano, dall’altro lo convincevano ancor di più che presto sarebbe sceso da quel tappeto e avrebbe camminato con i suoi tempi facendosi afferrare dalla vita e perché no, si sarebbe lasciato intrappolare da quei fantastici sogni che possono anche restare tali ma che gli lasciavano un dolce e intenso brivido….rdn
Foto: sculture lungoporto, Barcellona
Ritornava…
Ritornava, spesso, col pensiero a quelle casette di vetro a cui avevano vietato tirare le pietre, che tanto offendevano; tenute in piedi da equilibri così fragili o dall’incapacità di credere fortemente in se stessi? Lui, pensava che una casa di vetro non ne aveva mai avuto. Finalmente, si accorgeva di essersi sempre troppo esposto, almeno negli ultimi anni. Certo aveva innata una predisposizione alla discrezione e al rispetto di ciò che accadeva intorno a lui, ma aveva esposto a qualsiasi esperienza ogni parte di sé. Se pure avesse posseduto una protezione fragile, costituita, cioè sulla paura che potesse rompersi facilmente, ormai non esisteva più. Le tempeste che aveva attraversato erano state così tante che ormai anche i cocci erano scomparsi. Ora non aveva protezioni, non aveva alcuno schema da seguire né strategia, ma sapeva che se avesse voluto adeguarsi al mondo doveva mettere su un piano con tutte le caratteristiche di sopravvivenza. Mentre dialogava con se stesso, si accorgeva, però, di non essere adatto a questo tipo di percorso. Lui aveva come caratteristica principale la coerenza, la fluidità; dalla sua bocca venivano fuori solamente ciò che sentiva al momento e poi cercava in tutti i modi di sopportare “l’emozionante’ con cmpartamenti adeguati e non irriverente. Non andava bene per il resto del mondo, questo suo “stare”? lui era questo e nel suo percorso scopriva sempre di più che non poteva essere diversamente, anche se spesso, questo diveniva dannoso. Poteva proteggersi con un paio di occhiali, con un foulard, con un cappello, ma non voleva proteggersi emotivamente, ma voleva sentire perché aveva capito che vivere significava “sentire”, “rischiare”, “ricevere” per poi “perdere”……rdn
foto: Pierre58, NewYork city
E’ da presuntuoso…
‘E da presuntuoso sentirsi un eletto’ ? Penso’. Si, proprio un eletto, una persona, cioè, che riusciva suo mal grado ad andare sempre oltre in ogni situazione. Riusciva a vedere sempre il lato migliore in ognuno. Con alcune persone riusciva, addirittura, a creare un mondo sospeso, in cui tutta la bellezza poteva essere inclusa, l umanità altrui veniva espressa in tutta la sua forza e lui la sosteneva, la incentivava. Faceva in modo che l’altro si trovasse in uno stato di agiatezza interna in cui tutto era possibile e tutto era un continuo fluire di intense emozioni. Un mondo parallelo che, però, al suo dissolversi risultava quasi fantastico, addirittura spaventoso per chi riusciva a condividerlo. In questo si sentiva un eletto, in quanto lui avrebbe vissuto per sempre in quella bolla di sensazioni infinitamente leggere ma profondamente sentite. Lui non le nascondeva, ma le anelava. Gli altri le sfuggivano. Ecco, nella sua presunzione aveva trovato la risposta al perché molti lo sfuggivano, al perché molti creavano intere autostrade pur di stargli distante. La risposta non era nell’insensibilità o nella mancanza di rispetto, o nell’efocentrismo altrui, ma nella paura di toccare di nuovo quel livello emotivo sospeso in cui per molti è come un sentirsi straniero in casa propria, perché rispondere al mondo con la propria anima era per pochi, solo i pochi eletti sapevano sentire e sostenere un livello altissimo di empatia con l’energia che li circondava. Troppa la responsabilità, troppo pericolose le conseguenze di un necessario ma ipotetico cambiamento, a quel punto, doveroso….rdn
Foto: vista di Nisida, Ischia e Procida dal Virgiliano, Napoli
E poi…
E poi riapparve prepotente, quella arcaica sensazione/ bisogno di essere riconosciuto. Era convinto che, finalmente, aveva superato quella ferita che, in passato si riapriva continuamente. Sentiva di averla accolta e curata con cura ed era convinto che fosse oramai solo un segno sulla sua anima, ma invece improvvisamente un Ping pong dialettico fece saltare qualche punto di sutura e quell’angosciante sensazione di non essere visto, considerato, ascoltato lo fece affogare in un lungo silenzio per lui altamente rumoroso tanto da ricoprire qualsiasi altro rumore. Che fare, allora? Fu questa domanda, che lo fece sobbalzare e riflettere: se qualcuno che non lo riconosceva, il suo equilibrio non era messo più in discussione. L’altro in questo caso non riusciva profondamente a considerare la possibilità di avere di fronte una persona integra, che ‘mostrante’ tutto si riconosceva interamente, ma lo considerava un pericolo per il suo equilibrio precario. Non era un giudizio, aveva imparato a star lontano da queste trappole, ma una ‘semplice’ considerazione che lo riportava in se’, riuscendo a rompere le vecchie dinamiche e lasciare andare chi ancora una volta non riesciva a vivere alcune emozioni in modo sano e liberatorio, come atto di evoluzione e non di attentato alla propria casetta di vetro….rdn
Sulla strada…
Sulla strada erano troppi gli sguardi vuoti incontrati, quegli sguardi autoreferenziali, in cui vedeva tutto tranne ciò che si doveva scorgere in un’occhiata libera e sincera. Troppi erano gli ‘Io’ assoluti, quelli che gli elencavano tutto ciò che ‘io sono’, ‘io voglio’, ‘io ho bisogno’…ecco, questo erano i troppi sguardi. Sentiva di essere stanco, voleva essere visto, che qualcuno lo guardasse in modo sincero, naturale, senza aver paura di lui. Lui che avrebbe sfidato ogni cosa per un minimo di rispetto per l’altro, per dare una forma a quella dignità umana troppe volte disciolta in un liquido di fortuna di cui importava solo l’etichetta, ma, poi’ ciò che c’è dietro nn importa. In troppi erano quelli dei profili finti, quelli che si nascondevano dietro ‘mi piacciono’ e poi piaceva tutt’altro. E spesso si chiedeva perché esplicitare, definire, se poi intimamente sapevano che non ce n’era bisogno? Perché era tanto difficile ammettere di aver paura, invece di mettere tante impietose protezione? La sua libertà era tale da fargli accettare ogni condizione umana tranne quella della perdita di coraggio e dignità? A questo era arrivato?……rdn
Foto: Capo Miseno, Napoli
Non chiedeva…
Non chiedeva mai a qualcuno di ritornare. Chi va via, pensava, lo fa perché lo sente. Ciò che sperava in ogni tipo rapporto che iniziasse, era la forza nell’altra persona di dire ciò che pensasse e di non scappare, mettere inutili e patetiche distanze perdendo ogni minima possibilità di mostrarsi così com’era in ogni sua parte. Per questo lo potevano accusare di essere esigente? Di essere selettivo? Bene allora lo era, decise. Ognuno ha delle necessità, borbottava, ha bisogno di vedere nell’ altro qualcosa di se’; lui aveva bisogno di vedere il coraggio, di interloquire con persone degne di essere tali. Le persone sono, continuava a dire, dotate di parola, di intelletto per questo hanno il dovere di dire ciò che sentono, in qualunque momento, con chiunque senza perdersi in ridicole scappatoie. Le distanze che in molti rapporti aveva dovuto subire senza apparente motivo, lo turbavano molto; a lungo nel suo passato aveva trascorso il tempo a cercare di accorciarle, di eliminarle, ma capiva che era solo tempo perso; un modo per non m voltare pagina e andare avanti. Si è vero, lui aveva avuto, in passato, difficoltà a lasciare andare gli altri. Ora stava imparando, e per quanto potesse mettersi in discussione pensando di essere spesso la causa di ciò , penso’ che non poteva interessargli. Non era, finalmente, più interessato alle lusinghe non supportate da comportamenti adeguati. Era libero, finalmente, di mettere anche lui le distanze da chi gli creava un danno, danneggiando le parti migliori di se’….il suo sorriso era, ora, evidente, palese, libero di mostrarsi in tutta la sua pienezza. Le distanze appartenevano agli altri, lui le aveva accorciate con se stesso….rdn
E improvvisamente…
E improvvisamente si perdeva in gran sorriso, niente di tangibile accadeva, ma lui sorrideva. Tutto nella sua mente capitava…e sorrideva quando rivedeva quello strano essere di un tempo, un potenziale uomo che si muoveva nascosto dietro una immensa paura sconosciuta. Un po goffo, un po ridicolo, quel l’essere cercava a fatica di farsi strada., tra zone di confort e spazi di immenso dolore, quel brutto anatroccolo eranriuscito, nel tempo, a trasformare la sua debolezza in forza, riconoscendo la sua paura, i suoi punti deboli e su questi aveva eretto delle grandi cattedrali forti e possenti, a tratti inavvicinabili. Ecco lo aveva pensato: inavvicinabili. La paura la conosceva ma non l’aveva sconfitta, ci conviveva. Perché i sentimenti/emozioni, quelli piu arcaici, pensava, non se ne vanno, camminavano al suo fianco, gli davano la spalla in silenzio, senza ormai disturbare, rendendolo a tratti inavvicinabile….rdn
Artista: Dimenico Balsamo
Galleria: Galleria Dino Morra
Era sconcertato….
Era sconcertato, questo era il suo stato d animo al momento. Era pienamente consapevole del suo percorso ma sentiva intorno a se la confusione del mondo. Era come se percepisse le persone intorno a se senza coerenza alcuna; i comportamenti troppo spesso erano completamente distaccati e opposti ai discorsi che sentiva. I sermoni erano tanti e anche di spessore, ma nessuno di questi era sostenuto da un comportamento adeguato. Troppi, ormai, si adeguavano alla tristezza di un sesso senza amore; all’accettazione di un contentino, per sentire un momentaneo moto di esistenza. Questo lo confondeva ma allo stesso tempo lo centrava, ora più che mai si sentiva si’ più alieno, ma più capace e più emotivamente competente. Il suo andare contro corrente, aveva un andamento sicuro, di chi sa ciò che vuole e sa che può trovarlo solo in se stesso, senza perdere tempo perdendosi nell’altro, aspettandosi dall’altro una ciò che l’altro non avrebbe mai potuto dargli. Imparava a fare distanza? Era consapevolezza di aver saputo usare bene i propri strumenti acquisito negli anni? Certo era che, però di fondo cresceva l’amarezza. Un’amarezza per non essersi ‘visto’ bene prima, era profondamente dispiaciuto per aver dato tanto credito al mondo intorno, senza sapere che quest’ ultimo senza di lui avrebbe avuto meno…rdn
Era legato…
Era legato alle cose tradizionali, cercava di adattarsi ai nuovi modi di comunicare, ma il semplice ‘mi piace’ su un social lo irritava; non significava niente, anche se per molti potevano essere modi per dire: ti sto pensando. Pensava, quindi, a come oggi l’uomo fosse diventato ancor di più ‘economicamente energetico’; non si accorgeva nemmeno che questo modo di comunicare, se esclusivo, non permetteva più di guardare le paure. Sul web tutti sembravano più spavaldi, più aperti, diretti. Eh grazie, esultava, l’altro dov’è….boh…! Può essere ovunque, chiunque, ma cosa importa, l’importante è che ci si difendeva ipocritamente e vilmente….gli mancavano gli incontri sorprendenti, le pacche sulle spalle, i minuti rubati per un caffè sorridente e un abbraccio di saluto…..rdn
foto: vista dell’Etna dalla cupola, Catania