Sembra ormai uno slogan più che virale: ‘l’isolamento ha reso gli adolescenti depressi’, ma sarà vero?
Nel secolo della velocità, delle relazioni virtuali, delle famiglie assenti, di genitori in carriera sempre e ovunque tranne che a casa, come mai il rallentare, a so-stare in quella che dovrebbe essere il legame più naturale dovrebbe risultare un incubatore di depressione?
Una visione molta sbilanciata si è avuta sin da subito, circa i giovani, nell’affrontare una situazione così delicata come quella dell’isolamento da Covid19. Confidando nella loro capacità di adattamento e nella conoscenza approfondita dei social e di tutto ciò che ha potuto tenerli in contatto continuo col mondo esterno, gli adolescenti sembra, almeno per ora, aver retto, attraversando l’isolamento con gran coraggio e responsabilità. Una lezione di vita che di certo i genitori non avrebbero mai immaginato di sottoporre ai propri figli e che invece, non solo è successo, ma l’hanno sperimentato con grande sapienza.
A livello macroscopico,
gli adolescenti hanno da sempre avuto la capacità di poter tramutare una relazione mediata da strumenti digitali in un qualcosa di profondo da cui poter trarre stimoli a sufficienza; da qui hanno organizzato dei veri e propri incontri virtuali, come sempre al primo posto le gare con i video giochi, ma poi anche visioni di film collettive e lezioni di storia dell’arte e filosofia attraverso confronti e momenti intimi e privati, con i ‘digital sex party’ arrivati direttamente dalla grande mela e dedicati ai più grandi, logicamente. Ciò che non sono riusciti certo a fare i genitori i quali si sono divisi tra isterici manifesti di complotti, teorie del negazionismo più becere e quando nessuna di queste ha trovato riscontro e vigore sui social, hanno ripiegato sulla presunta depressione dei figli, anche questa colpa di chissà chi o del virologo di turno.
Una reazione allo stress da cui i più grandi non ne escono proprio bene, comportandosi come bambini molto piccoli, i quali se cadono si arrabbiano con la pietra sulla quale sono inciampati, oppure quando sono stanchi e ogni pretesto diventa valido per piangere e urlare. Ecco questi sono stati gli adulti in questi ultimi tre mesi: degli infanti pronti ad urlare e dimenarsi, usando qualsiasi argomentazione anche la più assurda per reagire ad un momento di stress per loro incomprensibili, per tutti incomprensibile.
Quanto ha pesato, però, nella situazione stressante da isolamento il dover so-stare con i figli tutto il giorno e per tanti giorni?
Sicuramente per chi era abituato a vivere la famiglia durante il week end e magari anche nelle sole ore pomeridiane, questo è sicuramento stato uno shock. Con questo non si vuole criminalizzare con giudizi affrettati alcun genitore, ma si cerca di riflettere su quanto davvero la nostra vita ci abbia portato lontano da ciò che abbiamo creato e voluto. Si, certo, voluto, perché scordiamoci che i figli arrivano da soli, i figli si vogliono, al massimo durante il percorso si cambia idea e li scarichiamo al partner oppure alla nonna di turno, ma al momento del concepimento si vogliono.
La depressione di cui molti genitori si preoccupavano, invece appartenere ai figli era solo una proiezione della propria?
La paura di non farcela, di non sostenere quella lunga sosta all’interno di ciò che spesso è uno status da sciorinare con gli amici, una scappatoia per gli amanti o l’angoscia di non essere all’altezza di un così importante ruolo (a tempo pieno) ha creato uno stato di angoscia così profondo da rendere gli adulti così fragili rispetto ai propri figli?
L’esposizione forzata e duratura ad una vita in comune istante dopo istante, con soggetti semi-indipendenti, talvolta ‘sconosciuti’ (nella loro essenza di soggetti altro) ha potuto creare numerose difficoltà ai genitori già provati dalle responsabilità di vita quotidiana; inventarsi d’un tratto una nuova storia, un nuovo modo di avvicinarsi a chi forse non ci si è mai avvicinato per davvero, limitandosi al rapporto ‘del prendersi cura’ e mai del ‘prendersi la responsabilità’ ha così scombussolato la vita emotiva degli adulti esponendoli spesso ad uno stress eccessivo. Di contro, i figli hanno saputo organizzarsi, sentendo l’isolamento come un campo magnetico protettivo dove il fuori non avrebbe potuto scalfire la propria sicurezza. I genitori a casa, le comodità della vita moderna e la comunicazione fluida con chi meglio li stimolasse ha permesso a questi ultimi di ricorrere alla riserva familiare del ‘buon contenitore’; ragazzi che si sono poi lasciati coinvolgere anche dallo stress delle madri che impazzite in cucina, si sono reinventate cuoche e grandi organizzatrici di giochi tra urla e tante risate. Le giornate sono passate, con i padri attoniti che lentamente si sono sciolti anch’essi potendo godersi di quel tempo mai concesso a loro organizzando palestre in camera e barbarie nei bagni.
Se è vero che alcuni tribunali
si sono attrezzati per snellire le procedure di separazione, ci sono anche tante coppie, che durante l’isolamento hanno deciso di procreare per la prima volta o ancora una volta. Insomma non tutto può essere tragedia, non tutto deve necessariamente creare violenza, se un giorno si ci è scelti un motivo ci sarà e la possibilità di rapportarsi con la diversità dell’altro, assumendola come ricchezza e non come occasione di alienazione, soprattutto dei propri figli è un grande possibilità di apertura a nuove possibilità di forte cambiamento che potremo solo percepire tra qualche mese, quando tutto ciò sarà alle spalle, quando l’isolamento diventerà, si spera, un altro ricordo da raccontare come sopravvissuti.
L’urgenza è adesso, l’approssimarsi della soglia del ‘liberi tutti’ può sicuramente avere un effetto ‘sorpresa’ circa le possibili reazioni dei giovani, i quali devono ricominciare a camminare con due mesi in più sulle spalle e tante sfide da affrontare.
La sfida dei genitori è adesso, se pur vero ci sia stata una eccessiva reazione allo stress, di contro si è constatato, in base ad una ricerca dell’Università ‘Cattolica’ http://www.frontierarieti.com/famiglia-lo-stress-di-genitori-e-figli-in-isolamento/, un incremento della coesione familiare ed è proprio su tale aspetto di forza che ci si deve affidare, dandosi l’opportunità di immergersi nella realtà, ora esterna, dei più giovani, di condividere le individuali particolarità, di incentivarle così da poter dare ad ognuno di loro l’opportunità di trovare una nuova forma di ‘sicurezza’ che spingerà e stimolerà di nuovo la curiosità e la voglia di sperimentare in un mondo che sicuramente non è quello di tre mesi fa.